Alpinismo e disabilità: quando una condizione si trasforma in opportunità

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Xia Boyu è solo uno dei tanti, ma non per questo la sua impresa è meno spettacolare.

70 anni, senza entrambe le gambe dal ginocchio, l’alpinista cinese non si ferma davanti a nulla; nel 1975 ha perso i piedi durante la sua prima scalata dell’Everest, in seguito ha subito altre amputazioni conseguenti al cancro.

Fece di nuovo nel 2014 un altro tentativo di raggiungere gli 8000, ma una valanga uccise 16 sherpa e lui ne uscì illeso; nel 2015 dovette invece rinunciare a causa del terremoto. Nel 2016 fu la volta del maltempo.

Eppure Xia Boyu è di nuovo deciso a provarci, nonostante le difficoltà esterne o del proprio corpo. Mollare, significherebbe rinunciare ad un obiettivo, arrendersi e per Xia Boyu, non è una soluzione percorribile.

Come lui, ci sono tantissimi altri alpinisti, da ogni parte del mondo, che nonostante la propria disabilità, sono determinati a non abbandonare una passione, a non rinunciare alla sfida, a quello che probabilmente è uno dei loro principali obiettivi: Mark Inglis, Hari Budha Magar, Erik Weihenmayer, Arunima Sinha, Rob Hill sono solo alcuni esempi di come le barriere dell’alpinismo siano molto spesso solamente mentali.

Quest’anno la Corte Suprema nepalese ha cancellato anche il divieto imposto che impediva alle persone con disabilità di affrontare le scalate delle grandi vette nepalesi. La Corte Suprema ha definito la norma una “palese violazione dei diritti umani così come garantiti dalla Costituzione e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità”.

Tutto questo fa pensare pensare ad altri grandi che hanno saputo trasformare la loro condizione in opportunità, come il pilota Alex Zanardi.

Ancora una volta l’alpinismo e in generale la montagna ci mettono di fronte ai nostri limiti e i grandi ci ispirano mostrandoci come è possibile superarli, con la determinazione tipica di queste discipline.