L’elisoccorso è la modalità di soccorso utilizzata in montagna (e non solo), che si effettua quando il luogo dell’intervento non è raggiungibile con altri mezzi . Non a tutti però è chiaro come funziona, vediamo di scoprirlo.
Attualmente i servizi di elisoccorso sanitario in Italia sono organizzati su base regionale, o provinciale e sono inseriti nel contesto del servizio 118 – Emergenza sanitaria, l’organizzazione appartenente alle ASL deputata al trattamento dell’emergenza-urgenza extraospedaliera con ambulanze e automediche per il primo soccorso e il trasporto sanitario d’urgenza verso i DEA o i pronto soccorso della rete ospedaliera.
In casi particolari i mezzi di altri Enti e corpi dello Stato possono concorrere allo svolgimento dei servizi di istituto del servizio regionale di elisoccorso. Nell’ambito del servizio 118 operano anche mezzi e personale di altri enti, come Croce Rossa Italiana, Vigili del fuoco, Polizia di Stato Arma dei Carabinieri o associazioni di volontariato convenzionate come ANPAS o Misericordie).
I principali riferimenti normativi sono rappresentati dal D.P.R. 27/03/1992 e dai documenti applicativi (linee guida) emanati della Conferenza Stato-regioni, oltre naturalmente alla normativa aeronautica specifica (JAR-OPS ed ENAC). Il quadro normativo Europeo riguardante l’Elisoccorso sanitario è stato ulteriormente ampliato e modificato con il Regolamento Comunitario UE 965/2012, entrato in vigore il 28 ottobre 2014.
La maggior parte dei servizi di elisoccorso sanitario sono esercitati da Società private di lavoro aereo titolari di TPP (trasporto pubblico passeggeri, secondo la normativa ENAC) mediante appalto da parte del Servizio Sanitario Nazionale (Regione o ASL).
In alcune regioni, come ad esempio in Liguria, il servizio viene svolto anche dal Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco sempre in convenzione con le ASL o con la regione.
In Trentino, (per la sola provincia di Trento) il servizio è svolto dal Nucelo Elicotteri della Provincia Autonoma di Trento; parte integrante del Corpo Permanente dei Vigili del Fuoco della Provincia.
L’inserimento dell’attività di soccorso alpino fra i servizi di emergenza sanitaria fa sì che ad esso si applichi l’articolo 11 del Decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992 “Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza”, che stabilisce quanto segue:
“Gli oneri delle prestazioni di trasporto e soccorso sono a carico del servizio sanitario nazionale solo se il trasporto è disposto dalla centrale operativa e comporta il ricovero del paziente.
Detti oneri sono altresì a carico del servizio sanitario nazionale anche in mancanza di ricovero determinata da accertamenti effettuati al pronto soccorso”
Questo punto è il discrimine fondamentale su cui alcune regioni si sono basate per l’imposizione dei ticket a carico delle persone soccorse.
Si tratta in sostanza di un’applicazione letterale dell’articolo di legge: nel momento in cui il medico non ravvisa la necessità del ricovero in pronto soccorso, il trasporto e il soccorso non possono essere considerati come attività di emergenza.
In questi casi gli interventi non possono essere messi a totale carico del servizio sanitario nazionale, ma necessitano di una compartecipazione alla spesa, parziale o totale, da parte del recuperato.
A motivazione di questo “puntiglio” nell’applicazione della norma vengono spesso chiamate in causa, da parte dei legislatori regionali, la particolare complessità, onerosità e pericolosità degli interventi di recupero e soccorso in montagna, ritenendo inoltre che l’onere finanziario possa avere anche un valore dissuasivo di comportamenti irresponsabili (che sono infatti quelli per i quali la compartecipazione alla spesa è maggiormente elevata).
Di seguito alcuni link utili per visionare le diverse disposizioni regionali sull’argomento:
REGIONE LIGURIA servizio Elisoccorso
REGIONE LOMBARDIA servizio Elisoccorso
REGIONE TRENTINO servizio Elisoccorso
REGIONE PIEMONTE servizio Elisoccorso
REGIONE VAL D’AOSTA servizio Elisoccorso
Con ultimo aggiornamento (settembre 2020) di OUTDOOR Daily consentirà ai nostri partner di assicurare anche persone di paesi extra Area Economica Europea.
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Il responsabile della segnaletica in montagna è il CAI, Club Alpino Italiano e la rete complessiva dei sentieri segnati e curati è stimata in oltre 60.000 km.
“Il CAI, avvalendosi dell’apporto diretto dei soci, individua, segna e cura i sentieri. Un impegno per offrire sicurezza agli escursionisti, conoscere, valorizzare e tutelare i grandi spazi della natura e delle culture della montagna italiana, promuovere un turismo sostenibile. Il colore bianco-rosso è il “filo d’Arianna” dell’escursionismo.”
Per andare in montagna in sicurezza è bene conoscere la segnaletica. Vediamo quindi la classificazione dei sentieri:
-escursionistico: sentiero privo di difficoltà tecniche. Rappresenta il 75% degli itinerari dell’intera rete sentieristica ed è indicato come E.
-alpinistico: si sviluppa in zone impervie, che richiedono all’ escursionista una conoscenza tecnica di base. A volte è attrezzato con corrimano, scale ed è indicato come EE.
-via ferrata o attrezzata: conduce l’alpinista su pareti rocciose, prevalentemente attrezzate con funi o scale. È necessaria l’attrezzatura adeguata ed è classificato come EEA.
I sentieri vengono poi classificati per difficoltà:
-T indica itinerari turistici su comodi sentieri e una preparazione fisica alla camminata;
-E indica itinerari escursionistici, che richiedono senso dell’orientamento, esperienza e conoscenza del territorio;
-EE indica itinerari per escursionisti esperti, che implicano una capacità di muoversi su terreni impervi. Necessitano esperienza e preparazione fisica:
-EEA indica percorsi per escursionisti esperti con attrezzatura. I sentieri sono attrezzati o sono vie ferrate, per i quali è necessario l’uso di imbragature, moschettoni e l’attrezzatura necessaria.
Per chi ha un cane, andare in montagna accompagnati dai propri amici a quattro zampe è un’esperienza bellissima.
Ci sono però alcune regole di comportamento da seguire per la propria sicurezza, per quella degli altri, ma anche per quella del cane stesso.
Il Soccorso Alpino della regione Veneto ha diramato una comunicazione nella quale invita a seguire alcuni comportamenti quando si va in montagna con il proprio cane.
Capita spesso infatti, si legge nella nota, che il Soccorso alpino venga chiamato per aiutare i padroni a recuperare i cani scesi in un canale, su una parete o persi nel bosco. È bene quindi mantenere il guinzaglio al proprio cane, quando ci si muove in montagna, soprattutto dove la presenza di animali selvatici è maggiore. Non farlo può mettere a rischio l’incolumità del cane e degli stessi proprietari, soprattutto se si tratta di un cane giovane, verrà attratto da odori di altri animali e sarà facile che si perda.
Ciò è indicato soprattutto se non si è completamente sicuri della loro obbedienza, scrive il Soccorso Alpino “anche se ci fa un immenso piacere vederli muovere in libertà”.
Segue poi invitando all’attenzione nei giorni particolarmente caldi e ad evitare improvvisi faccia a faccia con vipere, che potrebbero reagire mordendo. Infine, anche i nostri cani hanno sete e bisogno di ombra, come noi. È importante quindi portare acqua a sufficienza per entrambi e una scodellina dove versarla, oltre a fare qualche paura tra gli alberi “per rinfrescarvi e prendere fiato!”.
Non tutti forse sanno che non esiste solamente il mal d’auto o il mal d’aereo, ma che esiste anche il mal di montagna.
Il mal di montagna, detto anche malattia da altitudine, è il termine utilizzato per definire disturbi che insorgono quando l’organismo di una persona non si adatta alle nuove altitudini.
Più si sale in montagna infatti, più diminuisce la pressione parziale di ossigeno nell’aria che viene inspirata. Ciò è ancora più evidente dopo i 3000 metri di altitudine.
Il corpo per adattarsi alle nuove condizioni tende ad aumentare sia il ritmo cardiaco, sia la velocità del respiro. Per alcune persone però questo adattamento può essere complesso ed è allora che compaiono alcuni sintomi come mal di testa, nausea, inappetenza, vertigini, spossatezza e insonnia. Spesso i sintomi aumentano con l’aumentare dell’altitudine e dell’attività fisica effettuata. Solitamente i sintomi tendono a regredire fino a scomparire: basta far riposare il fisico ed aiutarlo ad adattarsi. Esiste però anche una complicazione sera che è l’edema polmonare acuto e che provoca insufficienza respiratoria per presenza di liquido nei polmoni.
In questo caso insorgono tachicardia, tosse forte, cianosi, prostrazione e necessità di un soccorso medico tempestivo.
Per prevenire il mal di montagna è bene innanzitutto raggiungere la meta prestabilita gradualmente, in modo da dare al fisico il tempo di adattarsi. È bene inoltre affrontare un percorso in montagna per il quale si è allenati, limitare il consumo di alcolici e non assumere sonniferi. Se i sintomi non regrediscono, è meglio scendere di quota.
Il mal di montagna è diffuso tra i bambini piccoli: per questo si sconsigliano soggiorni al di sopra dei 1600 metri di altezza durante il primo anno di vita. Deve prestare attenzione e consultarsi con un medico anche chi presenta problemi polmonari e cardiaci.
Sul mal di montagna si stanno facendo molte ricerche, per capirne le insorgenze, ma soprattutto per individuare possibili cure, anche preventive. O.N.E PROJECT RESEARCH è uno di questi progetti e si è incentrato sulla possibilità di contrastare i malesseri collegati alle attività in montagna con tecniche respiratorie specifiche.
L’innovazione della ricerca sta nell’aver cercato una soluzione al problema degli alpinisti nelle profondità del mare e delle apnee. Sembra infatti che le tecniche respiratorie utilizzare nelle apnee in profondità possano offrire notevoli vantaggi al corpo, utili per affrontare anche la salita in alta quota. Le sperimentazioni previste dal progetto prevedono l’allenamento respiratorio durante l’avvicinamento alle montagne in programma, il monitoraggio dei parametri fisici con strumenti medici.
Le prime sperimentazioni del progetto si terranno sul Monte Rosa dal 2 al 5 agosto 2018. Si andrà poi in Argentina con la salita dell’Aconcagua, a gennaio 2019 e come ultimo in Nepal sull’Everest ad agosto 2019. Sarà coinvolto nella sperimentazione un gruppo definito di “non atleti” e due medici.
Proprio gli eventi di questi giorni, ci portano sempre di più ad evidenziare che essere informati e preparati può fare la differenza, quando si affronta a qualsiasi livello una escursione.
Per questo riteniamo quanto mai utile, segnalarvi iniziativa del progetto nazionale Sicuri in Montagna che come da consuetudine vedrà impegnati i professionisti della montagna,Tecnici del Soccorso Alpino, Istruttori, Accompagnatori del CAI, Guide Alpine, domenica 17 Giugno, in preparazione della stagione estiva legata alle diverse discipline escursionistiche dispensare utili consigli sulla prevenzione.
Sul sito ufficiale legato all’evento troverete i dettagli della iniziativa www.sicurinmontagna.it .
Locandina evento SICURI IN MONTAGNA 2018
Xia Boyu è solo uno dei tanti, ma non per questo la sua impresa è meno spettacolare.
70 anni, senza entrambe le gambe dal ginocchio, l’alpinista cinese non si ferma davanti a nulla; nel 1975 ha perso i piedi durante la sua prima scalata dell’Everest, in seguito ha subito altre amputazioni conseguenti al cancro.
Fece di nuovo nel 2014 un altro tentativo di raggiungere gli 8000, ma una valanga uccise 16 sherpa e lui ne uscì illeso; nel 2015 dovette invece rinunciare a causa del terremoto. Nel 2016 fu la volta del maltempo.
Eppure Xia Boyu è di nuovo deciso a provarci, nonostante le difficoltà esterne o del proprio corpo. Mollare, significherebbe rinunciare ad un obiettivo, arrendersi e per Xia Boyu, non è una soluzione percorribile.
Come lui, ci sono tantissimi altri alpinisti, da ogni parte del mondo, che nonostante la propria disabilità, sono determinati a non abbandonare una passione, a non rinunciare alla sfida, a quello che probabilmente è uno dei loro principali obiettivi: Mark Inglis, Hari Budha Magar, Erik Weihenmayer, Arunima Sinha, Rob Hill sono solo alcuni esempi di come le barriere dell’alpinismo siano molto spesso solamente mentali.
Quest’anno la Corte Suprema nepalese ha cancellato anche il divieto imposto che impediva alle persone con disabilità di affrontare le scalate delle grandi vette nepalesi. La Corte Suprema ha definito la norma una “palese violazione dei diritti umani così come garantiti dalla Costituzione e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità”.
Tutto questo fa pensare pensare ad altri grandi che hanno saputo trasformare la loro condizione in opportunità, come il pilota Alex Zanardi.
Ancora una volta l’alpinismo e in generale la montagna ci mettono di fronte ai nostri limiti e i grandi ci ispirano mostrandoci come è possibile superarli, con la determinazione tipica di queste discipline.
Da qualche giorno è disponibile il nuovo sito web rivisitato e fruibile anche da smartphone; anche l’area riservata è stata aggiornata e da ora è possibile attivare le polizze Outdoor anche in mobilità, con uno smartphone, e, come sempre, anche direttamente il giorno dell’evento da assicurare.
Con il rinnovamento del sito web e della procedura di attivazione della polizza, arriva contestualmente anche una novità in ambito assicurativo: Nobis Filo diretto Assicurazioni è il nuovo marchio commerciale della Nuova Compagnia di Assicurazioni S.p.A risultante dalla fusione fra la stessa Nobis e Filo diretto Assicurazioni.
Nuovo marchio ma stesso prodotto, stesse condizioni, stessi prezzi e soprattutto rinnovata affidabilità di sempre.
Ogni anno nel nostro paese si registrano in media 183 incidenti mortali legati ad attività sportive; una vittima su tre è straniera. Negli ultimi 13 anni ben 2’383 persone hanno perso la vita praticando uno sport, scrive oggi l’Ufficio per la prevenzione degli incidenti (Upi), che tra i più pericolosi cita quelli svolti in montagna, in acqua e sulla neve. Ogni anno sono invece oltre 300’000 gli infortuni.
La montagna la destinazione più pericolosa
Il trekking, l’escursionismo e l’alpinismo causano in media 83 morti all’anno, il numero più elevato. Al secondo posto delle attività in cui si registrano molti incidenti fatali si piazzano gli sport acquatici. Sono 47 in media le persone che muoiono per annegamento in Svizzera.
Sempre in montagna si registra una quarantina di vittime durante la stagione invernale. Nella maggior parte dei casi si tratta di partecipanti a escursioni sciistiche ad alta quota o di freerider.
Per limitare i rischi, l’Upi propone regolarmente delle campagne di prevenzione e incoraggia misure di sicurezza, come l’uso corretto del casco e del giubbotto salvagente.
Fonte info.rsi.ch Svizzera
TRENTO. I rocciatori della domenica, quelli che partono di pomeriggio per scalare le montagne trentine facendo affidamento sull’elicottero che a sera arriva a recuperarli anche se non ci sono periccolosi imminenti oggi hanno un motivo in più per evitare tali bravate: il costo dell’elisoccorso. La giunta infatti ha fissato le nuove tariffe, prevedendo in verità solo un piccolo ritocco per i Dauphin, ma introducendo il salasso dei fiammanti Agusta appena comprati. Ecco, se dovesse essere uno di questi gioielli a raccogliervi stremati dai sentieri organizzate subito un appuntamento col vostro direttore di banca per scucire un prestito sostanzioso. Un minuto di volo dell’Agusta costa infatti 140 euro, che verranno interamente addebitati «nel caso di prestazioni totalmente inappropriate sotto il profilo sanitario». E’ rimasta immutata, invece, rispetto a quattro anni fa la tariffa di compartecipazione, bloccata a 750 euro. Questa va versata «nel caso di prestazione resa a favore di soggetti in grave pericolo per ambiente ostile ma peraltro incolumi (l’escursionista bloccato in parete, ad esempio) per i quali il medico intervenuto non abbia disposto l’invio immediato a un pronto soccorso». Inviariato anche il ticket per la prestazione dell’elisoccorso: 36,15 euro. Per quanto riguarda i vecchi e gloriosi Dauphin, la loro tariffa è stata aggiornata all’inflazione e fissata a 92 euro. I nuovi Agusta, invece, hanno spese di gestione maggiori, commisurate alla modernità dei velivoli e delle attrezzature che portano nei loro interventi di soccorso. Il costo è stato dunque valutato in 140 euro ogni minuto trascorso in volo. (r.t.)